A volte ignaro del proprio deficit, un paziente è affetto da cecità corticale quando insorge una lesione delle aree visive primarie della corteccia celebrale, situate nei lobi occipitali del cervello. Le cause di questa cecità possono essere imputate ad episodi traumatici oppure a problemi vascolari (come potrebbe essere un’ischemia dell’arteria cerebrale posteriore, o un infarto), che hanno danneggiato il cervello. Rendendolo incapace di elaborare gli impulsi elettrici provenienti dagli occhi che, insieme alle vie nervose, trasportano l’informazione visiva verso di lui e non risultano danneggiati.
Proprio perché il cervello non riesce a trasformare gli impulsi elettrici in immagini, ci troviamo anche nell’incapacità di codificare gli impulsi luminosi provenienti dall’esterno. E non solo, perché alla base di una diagnosi cecità corticale possono esserci tanti altri sintomi.
Primi fra tutti:
Sebbene non esista una vera e propria cura, spesso la cecità corticale potrebbe essere reversibile. Non è così per tutti, ma alcuni pazienti - soprattutto quelli per il quali la cecità è stata causata da ischemia ed eclampsia - potrebbero essere in grado di recuperare spontaneamente la vista grazie al supporto di terapie votate al ri-apprendimento.
Nei casi più fortunati la vista può iniziare a ritornare anche solo nell’arco di 7 giorni, senza nessuna terapia farmacologica, in maniera progressiva. Cominciando a distinguere gli stimoli luminosi, si recupera poi la sensazione di movimento e infine la distinzione fra i colori.
La cecità corticale, come dicevamo, non è causata da danni agli occhi o alle vie nervose, per questo motivo i pazienti affetti da questa condizione non percepiscono gli stimoli visivi e non sono in grado di fissare un oggetto e seguirlo con lo sguardo. Cambia, inoltre, la preservazione della risposta pupillare alla luce: il diametro pupillare di queste persone infatti varia coerentemente al variare dell’intensità della luce ambientale.
Sembra incredibile, ma a volte un paziente affetto da cecità corticale potrebbe non rendersi conto della propria problematica: si tratta della sindrome di Anton-Babinsky, che comporta una vera e propria anosognosia, ovvero un mancato riconoscimento del proprio deficit che spesso può concludersi con discorsi e comportamenti confabulatori. Ma come accade? Secondo la scienza questo è dovuto al danneggiamento delle aree visive associative e dalla dissociazione di tali aree da quelle preposte al linguaggio.
Diverso il caso della sindrome di Riddoch, che comporta che il paziente sia sì cieco nei confronti degli stimoli statici, ma comunque in grado di percepire il movimento di figure, anche se non riconoscibili.